domenica 16 giugno 2013

End of transmission

E' giunto il momento di tirare le fila di questa mia breve esperienza da blogger. Questo sarà l'ultimo post che pubblicherò in 'Tecnologie di comunicazione: controllo o libertà?', ma sono certo che, fra qualche tempo, metterò a frutto queste importanti esperienze, magari  in un altro blog, perché penso di aver iniziato a comprendere quanto possa essere piacevole scrivere le proprie riflessioni e ricerche ed essere letti da altri utenti della rete.

Penso inoltre, sperando di non peccare di presunzione, che ogni ricerca, per quanto piccola e per quanto simile ad altre magari già in rete, possa arricchire l'argomento indagato poiché ogni individuo, nella sua unicità e soggettività, coglierà particolari unici proprio perché soggettivi, perciò diversi e dunque sempre nuovi!

Questo blog costituisce la prova tangibile dei risultati da me ottenuti indagando nell'ambito delle tecnologie di comunicazione e del loro rapporto con la libertà ed il controllo (intendendo con questo termine la coercizione psicologica delle masse) ed essendo in rete è fruibile liberamente da chiunque lo desideri.

Il mio percorso è cominciato (ecco qui il primo post) con la lettura di '1984' di George Orwell, un testo che, insieme alle prime lezioni del corso del prof. Marchis, mi ha fornito spunti interessantissimi su cui cominciare a riflettere, come la cronologia ed il disorientamento causato dalla sua assenza, la presenza di tecnologie alienanti ('Il passato era morto, il futuro imprevedibile'), la destrutturazione del linguaggio provocata dalla Neolingua ('Post arciplusinteressante'), e l'importanza dei libri ('Cosa significa comunicare?'), che è stata trattata a lezione parlando degli amanuensi nei monasteri medievali e che è stata ribadita con la visione di 'Fahrenheit 451' di Truffaut. Come un cercatore d'oro ho rintracciato i segni delle tecnologie relative alla comunicazione passando al setaccio l'arte ('Cosa resta dopo una mareggiata?'), i fumetti ('Osservare l'osservatore', 'Un mormorio indistinto'), il cinema ('Le vite degli altri'),i francobolli ('Si può fare Storia con i francobolli?'),la cartografia ('Cartografia'), le icone del nostro tempo ('Icone e social network').Questi ambiti mi hanno permesso di sperimentare la tacit knowledge, il sapere non scritto o apparentemente nascosto che, se indagato, può produrre risultati sorprendenti. Dopo ciò, mettendo a frutto le lezioni del corso riguardante i brevetti, ho effettuato alcune ricerche su alcuni di questi riguardanti il mio tema ('Brevetti').  Vi si aggiungono al riguardo un post  ad un articolo tratto da un periodico di divulgazione scientifica ('Occhio alle vetrine'), un collegamento ad un blog che verte su un argomento molto vicino al mio ('Prospettive') ed infine una breve analisi dell'uso della tecnologia di propaganda nel Fascismo ('Fascismo e comunicazione'). Per una diversa indicizzazione del blog potete dare uno sguardo all''ABC...'.

Sono quindi giunto alla conclusione di questo percorso: è stata una esperienza di studio senza dubbio affascinante, non solo perché, come ho detto, mi ha permesso di tenere questo diario di bordo, ma anche perché mi ha dimostrato che la Storia non è solo quella 'événementielle'*, ma è anzi sfaccettata e costituita da moltissimi ambiti che è necessario conoscere al fine di  muoversi con la giusta consapevolezza nel mondo e prendere delle decisioni che, insieme a quelle di altri individui, diventeranno esse stesse oggetto della Storia.
Ringrazio infine tutti i miei lettori, che hanno speso una parte del loro tempo sulle le mie pubblicazioni.


*questa espressione è attribuita agli storici che fondarono la rivista 'Les Annales', Marc Bloch e Lucien Febvre, nel 1929.

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